Un'altra storia: il cinema amatoriale durante il ventennio fascista.
-
in Tesi
-
Visite: 1966
Sintesi: il Fascismo e l’organizzazione dello spettacolo cinematografico; l’associazionismo cinematografico in Italia: I Cineclub e i Cineguf; breve storia del formato ridotto; recupero e analisi di alcune collezioni di film di famiglia.
Introduzione
ITALIA, ITALIA,
convien che tu dimentichi il piacere
d’essere poco o nulla, tu che fosti
così grande e dovrai sentirti un
giorno vittoriosa e sola più che sempre
Come negarlo: il cinema amatoriale non ha beneficiato del movimento d’interesse teorico del cinema che si è sviluppato negli anni sessanta (in particolare per la semiologia) ma è anche rimasto escluso dal vasto cantiere di costruzione della storia del cinema in corso da una ventina d’anni. Tutto si muove come se la giustapposizione dell’aggettivo «amatoriale» bastasse, da sola, a rimandare all’insignificante, al ridicolo, allo spregevole, se non addirittura all’inesistente, ciò che qualifica.
Le parole di Roger Odin ci sembrano essere la miglior introduzione ad un argomento, il cinema amatoriale, ancora privo di confini certi e precisi. Quello che appare evidente allo studioso o al ricercatore che vogliano affacciarsi al mondo del dilettantismo cinematografico è l’effettiva scarsità di informazioni e di dati certi con cui avvalorare o impostare le proprie ricerche. Sul piano estetico l’argomento non è certo dei più facili: come accomunare immagini che paiono “errori”? Come riconoscere in diverse storie “private”, girate da diversi cinedilettanti, una base comune a cui richiamare una storia “collettiva”? Così, sul piano tecnico, come riunire sotto un’unica storia le centinaia di apparecchiature nate ed utilizzate in pochi decenni, mantenendone salde le loro differenze, di struttura e materiale?
Se, d’altro canto, queste domande pongono dei limiti e dei paletti all’avvicinarsi allo studio del mondo cine-amatoriale, dall’altra parte questi stessi limiti ci danno la possibilità di operare a campo “libero”, buttando le basi su alcuni aspetti finora certamente marginali della cultura cinematografica. Quello che, infatti, qui si vuole fare non è certo rispondere a delle domande cui non vi sarebbe il tempo di rispondere. Il cinema amatoriale, proprio per le sue stratificazioni, è campo troppo vasto e complesso da analizzare nel suo insieme. Compito dello studioso, precisamente, non è quello di esaurire le domande, ma di moltiplicare gli interrogativi.
Così come ogni campo culturale e del sapere s’intreccia con la vita sociale e politica del suo tempo, anche il cinema amatoriale si presta a una lettura, molto più di altri mezzi e molto più del cinema “professionale”, legata al flusso storico in cui è creato. Partendo da questo presupposto si è deciso di indagare uno dei periodi storici più complessi e variegati della storia italiana. Il ventennio fascista ben si presta, infatti, a un’analisi del mondo sociale e culturale che lo circonda. L’associazionismo, le masse, la socialità, il corporativismo, la “società nuova”, l’uomo, l’uomo e la macchina. La chiave per comprendere il cinema amatoriale passa anche di qua, tra il rapporto saldo e forte dell’uomo con il suo apparecchio.
Sappiamo molto sulla produzione, sulle vicende, sui personaggi che furono legati alla cinematografia vera e propria, quella per così dire professionale dell’epoca. Non sappiamo quasi nulla sullo sviluppo dell’attività amatoriale, legata al mezzo cinematografico, che nacque in quegli stessi anni.
Il nostro percorso e la nostra analisi verteranno dunque su un’altra storia, quella del cinema amatoriale durante il ventennio fascista. Specifichiamo subito che qui l’appellativo “amatoriale”, per ragioni di semplificazione e di argomentazione, racchiude sia il film di famiglia, sia le tipologie di filmati non professionali.
Il metodo della nostra analisi si muove fra il discorso storico, irrinunciabile in questo caso; l’attività culturale, dunque la pubblicistica e i testi del periodo preso in esame; il sistema sociale. Il discorso storico ci aiuterà a comprendere i movimenti e i caratteri del tempo in cui nasce e si diffonde la grande idea del cinema amatoriale “per tutti”. Il periodo preso in esame, dal 1922 al 1945, è, in Italia, contrassegnato da cambiamenti politici e culturali legati fra loro da un nodo molto stretto. Il rapporto fra il regime e la cinematografia (ricordiamo i vari decreti legge, gli aiuti economici, etc...) è flebile e saltuario al suo nascere quanto saldo e forteverso la fine. La pubblicistica e i testi dell’epoca ci aiuteranno a comprendere come il già citato rapporto uomo-macchina, sia la chiave attraverso la quale è possibile comprendere appieno l’evoluzione di alcuni sviluppi inerenti l’apparecchio cinematografico ed il suo utilizzo nel campo amatoriale. Vedremo poi come la diffusione della “cinematografia per tutti”, sia stata accompagnata anche da linguaggi e modi dissimili d’impiego da chi il cinema amatoriale l’ha fatto. Il sistema sociale, in questo caso, appare l’altra grande concentrazione di idee e novità, di persone atte a riconoscere, e riconoscersi, nel nuovo mezzo.
Nel primo capitolo affronteremo il tema dell’organizzazione dello spettacolo cinematografico visto dal regime. Il passaggio obbligato della nostra valutazione sarà l’analisi del cambiamento culturale e associativo che vide la fine dei Cineclub e l’inizio dei Guf e Cineguf.
Infatti, oltre alle già note creazioni del Luce, del Centro Sperimentale di Cinematografia e di altri enti o istituzioni nate per regolare o diffondere il cinema, vedremo come il sistema fascista si leghi anche alla creazione di un associazionismo giovanile che vede, nel campo culturale, la sua punta di forza nei Guf. Successivamente, nel secondo capitolo, l’aspetto associazionistico confluirà nell’analisi di articoli e riviste presenti negli anni del fascismo. Avremo così modo di vedere come prima ancora di avere riviste specializzate vere e proprie, saranno le testate dedicate alla fotografia amatoriale a dedicarsi ad uno studio, più o meno approfondito, della nuova realtà cineamatoriale. Fra le più rilevanti sono state scelte le testate “Note Fotografiche” e “DF –Il dilettante fotografo e cinegrafista”. Sul versante delle riviste specializzate o dedicate al campo cine-amatoriale, saranno invece esaminate “Il Cine-dilettante”, la “Rivista italiana di cinetecnica”, il “Bollettino della società Pathé Baby” e la famosa “Cinema”. Interessante sarà notare quanto l’aspetto amatoriale coincida o si immedesimi molto spesso con le qualità tecniche degli apparecchi che vengono presentati nelle varie riviste. Inoltre, il linguaggio estetico, dunque una ricerca di regole sull’utilizzo di macchine, campi, luci e altro, per creare immagini in movimento, sarà un elemento centrale della ricerca, in modo da così da arrivare
ad un quadro generale completo. Queste premesse faranno da appoggio ai capitoli successivi. Il terzo capitolo cercherà di avvalorare, attraverso una breve storia del formato ridotto, l’importanza di apparecchi ed evoluzioni del mezzo già prese in considerazione dalle riviste analizzate. Una visione generale dei supporti, degli apparecchi e dei proiettori utilizzati dai cine-amatori, darà formaall’evolversi del linguaggio e della diffusione dell’idea amatoriale, avendo così a disposizione una base per affrontare il quarto ed ultimo capitolo, sunto e verifica dei capitoli precedenti.
Qui, infatti, saranno introdotti ed analizzati quattro Fondi di cine-amatori che vissero e interpretarono a loro modo l’uomo-macchina durante il ventennio fascista.: il Fondo Vianzone, il Fondo La Colla e il Fondo Felisi, provenienti dall’Archivio Nazionale del Film di Famiglia, e il Fondo Bogino, proveniente dal Museo Nazionale del Cinema di Torino. Queste collezioni, passate sotto un lavoro di conservazione, preservazione e digitalizzazione, ci daranno l’opportunità di avvalorare le ipotesi introdotte attraverso lo studio delle riviste e comprenderne il giusto significato agli occhi di chi, il cinema amatoriale, l’ha vissuto in quegli anni. I diversi apparecchi daranno così vita nelle differenti filmografie dei cine-amatori studiati, a differenti vie di utilizzo e gestione della macchina, dando così possibilità di visioni diverse dell’immagine in movimento. La vita sociale diventa, in questo caso, la vera protagonista, inserendo nel campo cinematografico quella quotidianità e quell’intimità così poco estranea al cinema professionale. Avremo occasione di “vedere” le usanze del tempo, le famiglie, dei modi a noi oggi sconosciuti, rilevando così la vera forza del cinema amatoriale. Essere cioè un documento storico ed essenziale, protagonista del momento della storia in cui viene girato.
La prospettiva finale dello studio, dunque, sarà quello di dare voce e rilievo ad un’altra storia. Prima di tutto l’aprirsi alla possibilità di altri aspetti della cinematografia che non siano quelli tradizionali. Secondariamente l’accento va posto sulle figure che hanno fatto dell’utilizzo del cinema, in questo caso del cinema amatoriale, non solo una passione. Ogni documento presenta oggi una visione storica e rivelatrice di immagini fino ad ora sconosciute e raramente di così vitale forza.